FABIO

«Sono disperato, non dormo da troppo tempo, non ho il coraggio di tornare a casa la sera perché non voglio che i bambini mi vedano in questo stato. Con mia moglie non ci parliamo più, per evitare di litigare. Non so dove sbattere la testa».

Fabio si presenta così quando ci telefona. Ha 44 anni, impiegato presso Poste Italiane, Tiziana, sua moglie, laurea in Sociologia,  cresce i due piccoli, di 8 e 4 anni. Erano due sposi innamorati e con la voglia di realizzare il sogno più legittimo: metter su famiglia e comprarsi una casa, e fino a cinque anni fa sembrava concretizzabile, «Forse abbiamo sbagliato, non dovevamo metterci in testa una cosa così grande, da lì è iniziato il baratro».

Il racconto di Fabio è ricco di termini tragici, come le rughe precoci del suo viso. In realtà, quel sogno non era così grande, l’appartamento che hanno comprato dopo due anni di ragionamenti e raccolta di informazioni è di 70 mq, in una zona quasi periferica, popolare. Con qualche risparmio e l’aiuto dei suoceri concludono il compromesso e tremanti per l’emozione firmano il contratto di mutuo con la banca. Hanno ponderato più volte l’importo della rata e hanno convenuto di potercela fare, con lo stipendio di lui e la piccola entrata garantita dalle ripetizioni di lei. Sanno fare economia, sanno risparmiare. Ma dopo il primo anno, nasce Matteo, la rata di mutuo cresce troppo e Tiziana perde i due ragazzi a cui dava ripetizioni. Accade quello che succede a tanti: chiedono un piccolo prestito per pagare la rata del mutuo. Un attimo di respiro. Ma dopo due mesi la situazione peggiora: più spese e più uscite.

Fabio ottiene una prima carta revolving, poi una seconda. Si ripetono a vicenda: «Ce la faremo, ci riusciremo», ma la società finanziaria, dopo la seconda rata in ritardo, comincia a tartassare Fabio di telefonate sempre più insistenti. Il linguaggio si fa duro, minaccioso, avvilente. Non ne parla a Tiziana, ma la finanziaria telefona anche a lei, che crolla in lacrime. Non possono rivolgersi ad altre banche o a società di credito: sia per il totale delle rate a loro carico, sia per quelle arretrate. Sono stati segnalati come cattivi pagatori.

Un giorno, Fabio è più scorbutico del solito e il collega intuisce dalle sue battute quale sia il problema. Gli accenna di una fondazione che ha aiutato sua cognata. Fabio non ci crede, ma telefona e fissa un appuntamento. È incerto se coinvolgere Tiziana, non vuole illuderla, non vuole che lei lo veda perdente, di nuovo. È così che si sente. Entra a testa bassa, il volto scuro, il sorriso stentato e dettato dalla pura educazione. Lo invitiamo a raccontarsi liberamente, in questo momento ha bisogno di questo più che di soldi, è da anni che non si concede il lusso di confidarsi. Guardiamo i numeri stampati su un foglio, entrate e uscite, scadenze, rate arretrate, tassi applicati, le spese di famiglia.

Sanno davvero fare economia. «Fabio ce la potete fare. La strada c’è. Ma dovete recuperare la voglia di costruire!». «E cosa dobbiamo costruire?». L’urlo soffocato di un uomo scoraggiato. Nei suoi occhi, però, si intravede una luce, quella della speranza che comincia a fare capolino. Calcoliamo insieme la reale possibilità di rientro dal debito. Il totale delle rate supera di 400 euro le loro entrate effettive. Qui la Fondazione può intervenire: si fa carico di trattare con i creditori per chiudere i debiti stralciando gli interessi a scadere e garantire per lui presso una delle banche convenzionate. Le ciglia di Fabio battono ritmicamente, la fronte si increspa a più riprese.

Con una cartellina piena di documenti sottobraccio torna da Tiziana, che nel frattempo ha trovato una bambina e il cuginetto a cui dare ripetizioni. Ci vorranno ancora dei mesi, circa tre, per trattare con le finanziarie, per convincerle che da questa famiglia non potranno avere altro, rispetto a quello che la Fondazione offre. Nello stesso giorno, Fabio e Tiziana firmano per il prestito e chiudono i debiti. Dal mese successivo, avranno la rata di mutuo e la rata del prestito della Fondazione. Sanno bene che possono farcela, entrate e uscite, nero su bianco. È solo un prestito, una pratica. Ma sono soprattutto di nuovo una famiglia.

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